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Proprietario del Hotel Elefant Richard Bonell

di Irene Hager und Emma Stuflesser

Ora si trova in una posizione favorevole per il turismo: sulla via del Brennero, il più importante collegamento tra nord e sud, e vicino a importanti snodi stradali verso la Val di Fiemme e i laghi di Caldaro e Monticolo. Questo ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo economico del paese, che da molti secoli trae vantaggio dal settore dell’ospitalità, con numerosi alberghi e ristoranti. La struttura più antica probabilmente è l’Hotel Elefant sulla piazza principale, menzionato per la prima volta in un documento del 1476 con il nomignolo “zur Hylbe”.[1] Il nome con cui lo conosciamo oggi deriva da una curiosa vicenda del 1551, quando l’arciduca Massimiliano d’Austria, futuro imperatore, fece una sosta a Ora mentre stava viaggiando dalla Spagna a Vienna in compagnia dell’ormai noto elefante Soliman.[2] Ancora oggi esistono molti alberghi e ristoranti che ricordano la sua visita con l’aggiunta di “Elefant” nel proprio nome.[3]

Hotel Elefant negli anni 40

L’Elefant di Ora ha quindi una lunga storia da raccontare, partendo dalle origini nel ‘400 fino alla sua distruzione durante un devastante incendio nel secolo scorso. Ma altrettanto interessante è la biografia di colui che ne prese le redini nel secondo dopoguerra, per trasformarlo in uno degli alberghi più moderni dell’Alto Adige: Richard Bonell, nato nel 1919, ultimogenito di Anna Waldthaler e dell’allora sindaco Wilhelm Bonell. I primi sette anni della sua vita l’albergo era stato gestito da un affittuario, ma col scadere del contratto, la famiglia Bonell riprese in mano l’attività. Agli inizi del ‘900 le locande di Ora fungevano perlopiù come meta di sosta per viandanti e commercianti, che spedivano le loro merci dagli uffici del Gasthof Post (oggi Bar Rosenkeller). Turisti, cosi come li intendiamo oggi, ancora non esistevano. Questo cambiò negli anni Venti: superata la crisi postbellica, il turismo locale prese quota e attirò un numero sempre maggiore di persone. Le linee ferroviarie e le funivie ideate per il trasporto di armi e cibo furono riconvertite, e diedero il via a una fiorente attività escursionistica. Non a caso l’alpinista Luis Trenker ottenne i suoi primi successi cinematografici proprio in quel decennio.[4]  

A diciotto anni Richard Bonell fu chiamato alle armi dall’esercito italiano. Durante gli studi presso la rinomata scuola Johanneum a Tirolo aveva imparato sette lingue, motivo per cui inizialmente lavorò come interprete. Questo impedì la sua dipartita per il fronte, ma nonostante le svariate capacità e la stima del suo comandante in carica, a un certo punto fu trasferito a El Alamein per pilotare aerei nella guerra d’Abissinia. Come lui, centinaia se non migliaia di ragazzi furono spediti in Africa orientale:[5] era la prima volta che dei sudtirolesi di lingua tedesca combatterono per l’Italia. Molti disertarono, tentando di rifugiarsi all’estero. Coloro che venivano scovati furono severamente puniti, e con loro anche le persone che in qualche modo avevano agevolato la loro fuga.[6] Richard Bonell fu ferito durante un volo intercontinentale, al quale aveva partecipato una flotta composta da 47 aerei: solo 3 arrivarono a destinazione. All’incidente seguì un periodo di convalescenza al Passo della Mendola, ma la tregua durò poco. Dopo alcuni mesi dovette ripartire per l’Africa, dove lo aspettava il ruolo d’istruttore di volo. Al termine del conflitto fu detenuto in un campo di prigionia a Rimini e dopo il suo ritorno in Bassa Atesina, decise di prendere in mano l’albero dei genitori. Questo era stato distrutto durante la guerra. Richard lo ricostruì insieme a sua moglie Anna Decarli – il matrimonio era stato celebrato nel 1946.  

L’Elefant divenne presto il fulcro della vita sociale di Ora.

Dopo la messa domenicale, quasi tutti gli uomini si recavano al bar dell’albergo per giocare a carte e bere un buon bicchiere di vino. Con il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, sempre più persone partirono per le vacanze. Viaggiare non era più appannaggio dell’alta società e le Alpi furono promosse a livello pubblicitario come un vero e proprio paradiso turistico: sport invernali ed estivi, escursioni e gite, soggiorni enoculturali e momenti di svago in riva ai laghi di montagna. In mezzo a tutto ciò, nel 1959 l’albergo fu completamente raso al suolo durante un incendio in una gelida notte di gennaio, con temperature che toccarono – 22°C. Richard Bonell perse quasi tutto, ma non si fece abbattere. L’edificio fu prontamente ricostruito e riaprì i battenti nell’anno seguente. Ma non solo: l’albergo era stato trasformato secondo le più innovative tendenze del momento (ogni stanza aveva un bagno privato, una dirompente novità per gli standard altoatesini dell’epoca). L’hotel attirò una clientela di alto livello, con ospiti nazionali e internazionali da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Olanda e Svizzera. Inoltre, dal 1971 Ora era facilmente raggiungibile dall’estero grazie alla nuova tratta autostradale del Brennero. Sempre più persone attraversarono le Alpi a bordo della propria vettura, ma l’hotel era – ed è tuttora – anche una meta ambita per viaggi di gruppo e pullman.

Hotel Elefant come si presenta oggi
Hotel Elefant negli anni 50

Oltre alle sue attività professionali, Bonell era molto ben inserito anche nella vita pubblica e associazionistica del paese. La socialità e la convivenza pacifica dei gruppi linguistici li stavano molto a cuore. Nel 1954 fu tra i fondatori del “Verschönerungsverein Auer”, l’odierna associazione del turismo. Ideò anche la manifestazione “Settimana del vino”, che riscosse grande successo tra gli amanti del settore.[7] Partecipò al progetto per la ”Casa delle associazioni” e a quello per l’asilo di lingua tedesca. Molte associazioni lo elessero membro onorario, per valorizzare il suo instancabile impegno a favore del prossimo.  

Richard Bonell morì il 12 aprile 1990. Oggi l’hotel è gestito in quinta generazione, e continua ad attirare ospiti da tutte le parti del mondo, che vengono qui per godere appieno della bellezza della Bassa Atesina e di Ora.

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Note a piè di pagina

[1] Helmut Zelger, Auer im Südtiroler Unterland, Verschönerungsverein Auer, Auer 2006, 46.

[2] Ebd.

[3] Hans Heiss, Der Weg des „Elephanten“. Geschichte eines großen Gasthofs seit 1551, Folio Verlag, Bozen 2002.

[4] Josef Rohrer, Zimmer frei. Das Buch zum Touriseum, Athesia, Bozen 2003, 144f.

[5] Die genauen Zahlen sind unbekannt. Vgl. Gottfried Solderer, (ed.), Das 20. Jahrhundert in Südtirol, vol. 2, Edition Raetia, Bozen 1999, 265.

[6] Ebd. 266.

[7] Käthe von Röggla, Brücke zur zweiten Heimat. Auer – Südtirol, Fotolito Varesco, Auer 2002, 94f.

Bibliografia

https://www.hotelelefant.it/de/hotel-in-auer/geschichte-tradition.html

Heiss, Hans, Der Weg des „Elephanten“. Geschichte eines großen Gasthofs seit 1551, Folio Verlag, Bozen 2002.

Institut für Grundlagenforschung, Der Wintergast. Gästebefragung Südtirol Winter 1990/91, Autonome Provinz Bozen – Südtirol, Bozen 1991.

von Röggla, Käthe, Brücke zur zweiten Heimat. Auer – Südtirol, Fotolito Varesco, Auer 2002.

Rohrer, Josef, Touriseum. Eine Reise durch das Museum für Tourismus, Tourismusmuseum Schloss Trauttmansdorff, Meran 2004.

Rohrer, Josef, Zimmer frei. Das Buch zum Touriseum, Athesia, Bozen 2003.

Solderer, Gottfried (ed.), Das 20. Jahrhundert in Südtirol, vol. 2, Edition Raetia, Bozen 1999.

Zelger, Helmut, Auer im Südtiroler Unterland, Verschönerungsverein Auer, Auer 2006.

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